CINA
TRA AMBIZIONE E TRADIZIONE
Folla.
Una moltitudine di persone che scorrono in continuo movimento. Si viene assorbiti dall’energia di questa massa uniforme di corpi e vibrazioni. Ci si sente rassicurati di far parte di un così grande sistema che funziona e si autoalimenta. Tu sei lì, lo percepisci, e ne fai parte. Allo stesso tempo, ti accorgi che sei semplicemente un granello di sabbia nel deserto della vita. Pur essendo consapevoli di essere un singolo individuo tra altri otto miliardi, ogni giorno pensiamo di essere importanti. Pensiamo di poter cambiare le cose, vogliamo avere un impatto e perseguire i nostri obiettivi. Perché? Non siamo solo granello di sabbia?




Meditazione e riflessione.
Nonostante l’afflusso continuo di persone, rumori, colori e qualsiasi possible stimolo che la nostra mente possa processare, si avverte una sottile particolarità nel comportamento delle persone. Qualcosa che induce a fermarsi e a riflettere. Qualcosa che ci induce a pensare ad un “io” che non segue semplicemente delle regole prevedibili. Tra la gente, nelle strade… qualcosa c’è. Qualcosa che ti fa tornare a pensare a te stesso come creatore e osservatore delle tue emozioni e pensieri, non semplice vittima di questi. Continuiamo a lamentarci di essere sempre di corsa, senza pensare a dove stiamo andando.
Un labirinto di apparente ambizione.
Viviamo in un labirinto di acquisti e traguardi. Ad ogni svolta speriamo di trovare l’uscita, ma ci si presenta sempre un’altra strada da percorrere, senza fine. Un altro bivio, un’altra scelta da prendere, un’altra opportunità da cogliere. Se tutto ha un prezzo, anche noi ci ritroviamo trasformati in prodotti da comprare.




Lontana vicinanza.
Quando le distanze sono relative tra ogni punto del mondo diventano relative, il concetto di lontano cambia forma. Era il 2009, pur essendo dall’altra parte del mondo, mi ricordo l’ingenuo stupore nel ritrovare tante cose “normali”. “Guarda, lo stesso negozio dove compro i vestiti, uguale anche qui!”. Oggi questo stupore è svanito. È normale pensare ad un mondo globalizzato, dove tutti viaggiano, dove tutti conoscono. Paradossalmente, questi pensieri si accompagnano con l’idea di diverso, di immigrato. Vogliamo tornare ad un nazionalismo che ci protegga dalle crisi economiche, dai cambiamenti culturali e dalle sofferenze degli altri. È facile alzare dei muri e rimanere da soli quando si sta bene. Ma poi, quando dovremmo abbatterli per chiedere aiuto, cosa troveremo dall’altra parte?
Guardando solo in alto.
Vale la pena costruire in fretta se poi distruggiamo il nostro mondo? Questo rappresenta il vero progresso? L’uomo conosce i propri limiti? Siamo intrappolati nella nostra cieca ricerca del futuro?




Progresso e tradizioni.
In questi affascinanti paesaggi orientali si respira il contrasto di vecchio e nuovo, tradizione e cambiamento. La vera sfida sta nel trovare l’equilibrio tra queste due forze. È possibile sfruttare entrambe le fonti di conoscenza per ottenere una sinergia?